domenica 30 dicembre 2012

RAMPAGE


nessuna morale nessuna ragione



Di fronte a Rampage, filmetti come "wanted" perdono definitivamente il loro valore (presunto o intrinseco). Se volete un cattivo che spacchi i culi, in questo film lo troverete. 
Anche "elephant" impallidisce di fronte all'insensata strage che il nostro compie senza senso apparente (ma con una metodica, maniacale organizzazione). L'unica parvenza di moralità viene affidata ai videomessaggi dello stragista, in un certo modo lucidi, affilati e cattivi.
Al contrario di "elephant" il film non racconta, romanzandoli, fatti realmente accaduti ma per il modo in cui è girato sembra comunque di vedere un giorno di ordinaria follia qualunque che troppo spesso riempie le cronache di un TG qualunque.
Il regista, Uwe Boll, non è certo famoso per la qualità dei suoi film e nella sua filmografia non c'è un solo titolo che lo salvi dalla qualifica di "peggior regista del mondo". Forte di questo e quindi non sentendosi in dovere di soddisfare aspettative ne cercando di smentire i detrattori confeziona un mockumentary se non perfetto comunque rispondente a tutte le caratteristiche del genere. Il quasi perfetto è per il realismo non sempre coerente che consente allo spettatore di effettuare la cosiddetta "sospensione della realtà", ma comunque a fine film ci si aspetta di vedere la scritta "ispirato a fatti realmente accaduti".  
ecco il simpatico protagonista...

martedì 6 novembre 2012

il sano esercizio dell'ultra-violenza


Io sono un fan dell'Ultraviolenza, di quella violenza gratuita, senza senso, fine a se stessa, denigrata ma, allo stesso tempo, morbosamente accettata. Molte volte questa violenza viene usata per attirare un pubblico in cerca di forti emozioni, senza troppo impegno. Di questa mercificazione e denaturazione della violenza, spesso mitigata da facili risate e battute a grana grossa come le tette delle protagoniste dei film (o dei fumetti) che promettono "more gore", sono meno entusiasta. Per me la violenza, l'Ultraviolenza, è un esercizio di stile e non solo un modo per shockare il pubblico.

Di violenza nei fumetti si è parlato da sempre e se ne è parlato a lungo e non sempre questo dialogo a portato soluzioni meno gravi del problema. Mi riferisco al periodo in cui la violenza nei fumetti era bandita. Batman smise di sparare e Cap America lasciava il lavoro sporco alla sua spalla. Questo tabù è ormai caduto e oggi si è arrivati alla spettacolarizzazione della violenza, la sua consacrazione. Batman, Wolverine e The Punishe sono i primi super-eroi a non essere totalmente buoni.

In tempi più recenti, Mark Millar è stato alfiere di questa nuova ondata di sangue e budella grondante dalle pagine patinate dei comic-book. In Giappolandia Ichi the killer e Shamo, ad esempio fanno scuola (ancora insuperato il primo, a mio avviso). Alla fine, quello ultra-violento è diventato un genere e come il new-metal hanno iniziato a farlo tutti.

sabato 22 settembre 2012

THE DIVIDE


The Divide è un film che ho visto senza sapere cosa aspettarmi, almeno non precisamente. E' raro che mi capiti, di solito leggo qualche recensione o ho qualche idea preconcetta. Sapevo che era un horror atipico o un film di fantascienza. Insomma non sapevo se era un buon film o una schifezza e me lo sono guardato con atteggiamento neutro ma anche abbastanza critico.
L'inizio è confuso. Un'esplosione sopra una città vista da una finestra dalla quale guarda una ragazza. La ragazza sta piangendo. Dopo di che, CAOS. Gente che fugge da tutte le parti. La ragazza viene trascinata via. Alla fine si rifugiano nello scantinato di un palazzo. Tutto questo accade in tipo due minuti. Nello scantinato c'è un tizio, il manutentore del palazzo stesso, che ha trasformato lo scantinato in una sorta di bunker anti-atomico. Presentazione dei personaggi veloce. La ragazza della finestra, il ragazzo che all'inizio sembra solo un nerd, una madre con la bambina, tre ragazzotti classici teppistelli con i giubbotti di pelle, un uomo di colore e il tipo strano con la paranoia radioattiva che non permette a nessuno di uscire dal bunker per paura delle polveri radioattive. La tipica situazione da stanza chiusa insomma, dove i caratteri dei personaggi dovrebbero venire fuori piano piano dal modo di reagire ad una situazione imprevista. Niente di nuovo né per gli horror né per la fantascienza. Il fatto di sapere che è (forse) un film di fantascienza mi fa aspettare degli alieni.
Qualcosa deve pur succedere, o no?  Intanto la paranoia, antipatica da manuale, del tipo tiene vivo il gruppo e iniziano le prime tensioni. Poi qualcosa succede, qualcuno cerca di entrare e sembrano proprio dei cazzo di alieni o qualcuno con l'equipaggiamento adatto per combatterli. Prepongo per la seconda e mi soffermo un attimo sull'equipaggiamento, sembrano usciti fuori da qualche videogioco e in fondo fanno il loro porco effetto, ancora poco per giudicare la qualità del film dagli effetti speciali. Da come si muovono sembrano soldati, minacciano con le armi e non dicono una parola mentre i rifuggitati aspettano una risposta alle loro molte domande. Non sono amichevoli ne disponibili, usano violenza e strappano la bambina alla madre e la mettono dentro una specie di sacco anti-radiazioni. Qualcuno si ribella, scappa e cerca di nascondersi ma i soldati sembrano determinati a non farsi mettere sotto e mentre un gruppo di loro porta via la bambina alcuni di loro, armi spianate, danno la caccia ai poveri superstiti. Beh, alla fine i soldati hanno la peggio e il gruppo si ritrova con uno dei ragazzotti feriti, una bambina in meno ed una tutta anti-radiazioni in più... e un fucile super-tekno che l'antipatico paranoico non vuole mollare.
(Noto qualche illogicità nella situazione ma và beh...)
La povera madre inizia a dare di matto e decidono di chiuderla in una stanza dello scantinato. Io, segretamente, spero che il film si trasformi in u n Kn il Guerriero dato che la situazione assomiglia a quando Toki chiude tutti dentro al rifugio e lui resta fuori a godersi le radiazioni. Volevo un film dl genere sapendo che, se nella remota eventualità avessero deciso di usare un incipit simile il risultato sarebbe stato quanto meno ridicolo.
Uno di loro, dei sopravvissuti, esce fuori per provare di recuperare la bambina. Vestito della tutta del soldato morto si avventura oltre quella porta dove sono svaniti gli strani soldati. Si trova in quella che sembra un corridoio di un astronave ma è solo una specie di tenda di contenimento. Saltando i particolari il tipo viene scoperto ma riesce a tornare alla base anche se senza bambina. I tipi di fuori saldano la porta e intrappolano definitivamente i sopravvissuti dentro al bunker-scantinato .
Da qui il film inizia a prendere una strana piega. Il cibo inizia a scarseggiare, si formano alleanze all'interno del gruppo. Alleanze e sospetti che portano i sopravvissuti a trasformarsi in bestie peggio dei predoni di Ken il guerriero... il film scorre in un crescendo di insana violenza fisica e mentale. Ad un certo punto mi sembra di riconoscere in uno dei ragazzotti Milo Ventimiglia, quello di Heroes, ma non ne sono sicuro. Tutti gli altri attori sono a me sconosciuti.
Alla fine del film, nei titoli di coda, mi tolgo la curiosità. Era lui, il Milo Ventimiglia di "una mamma per amica" in un film sadico come un pugno in faccia ad una donna.
Era da Martyrs che un film non mi colpiva in quel modo violento ma attraente.
Applausi.

sabato 7 luglio 2012

Lobotomia (dead of the undead)


Una forte emicrania lo  perseguitava da diverso tempo. Molteplici voci rendevano incoerenti i suoi pensieri. Era allo stremo. Non dormiva e vistose occhiaie cerchiavano i suoi occhi. Occhi che affogavano in un misto di pazzia, paura e orrore. Si guardava allo specchio, il suo sguardo si spense e non ebbe bisogno di ulteriori indugi, spense ogni stimolo esterno, isolando le voci che urlavano e scalpitavano chiuse in quella gabbia mentale. Aprì il cassetto e quando ebbe in mano il freddo metallo della sua 9 millimetri lo soppesò un attimo, poggiandoselo sulle gambe. La soluzione definitiva. La cura per il male che lo affliggeva era li, tra le sue mani, rinchiuso in una capsula di rame azionata da un micidiale meccanismo.



Rumore sordo e di nuovo il silenzio.
Silenzio finalmente.
Anche nella sua testa.

Dal cranio scoperchiato usciva una mano umana, si muoveva come a cercare di afferrare qualcosa, mentre il corpo del suo ospite giaceva a terra riversando copiose quantità di sangue sul pavimento.

mercoledì 4 luglio 2012

in ritardo, Davvero


In ritardo come il mestruo di una ragazza isterica scrivo anche io qualcosa su Davvero la Web impresa tirata su da Paola Barbato. Dico in ritardo perché ormai sta per chiudere l'avventura on-line per passare, a Novembre, al formato cartaceo. Dico mestruo per la vignetta di Officina Infernale.

Onestamente io apprezzo il lavoro della Barbato sia come sceneggiatrice di Dylan Dog, sia come giallista e naturalmente sono rimasto sorpreso e alquanto perplesso all'annuncio di una sua Web-serie classificata (ma poi ritratta) come "shojo manga all'italiana". Non conosco gli shojo ma leggo abbastanza manga da aver provato un brivido di terrore a sentire quel termine usato da una giallista tendente all'horror come la Barbato (ma soprattutto da una sceneggiatrice affermata, insomma non la credevo capace di appropriarsi di un termine abusato che significa tutto o anche niente secondo da chi lo usa e in che contesto viene usato).

Davvero è un suo progetto personale ed è un fumetto che è stato pensato per essere un fumetto per ragazze (forse da qui il termine "shojo"). Da quanto ho capito Paola Barbato è una "sceneggiatrice per caso", essendo prevalentemente una scrittrice approdata in casa Bonelli dopo aver proposto un paio di racconti come soggetti. Naturalmente ha avuto a disposizione una decina d'anni di storie Dylaniate per affinare l'arte della narrazione sequenziale e quindi non la si può certo chiamare un'esordiente o una dilettante. Mentre esordienti e dilettanti sono i disegnatori e coloristi coinvolti nel progetto. Non tutti, ma per la maggior parte.
Tramite un tam-tam su internet (prevalentemente su Facebook), la Barbato ha raccolto per il suo progetto un buon numero di volontari. Partito come appuntamento settimanale si è ben presto trasformato in un doppio appuntamento per settimana.

Ammetto di aver letto solo le prime puntate all'inizio, visto che il tema trattato non lo trovavo interessante, solo ultimamente sono andato a recuperare gli aggiornamenti; dopo la recensione di "fumetti brutti". Ho trovato più interessanti certi commenti che non la storia in se. Interessanti perché molti criticavano la verosimiglianza con la vita reale (andando a fare i conti in tasca a Martina, l'odiata  protagonista della serie) mentre altri si concentravano sulla qualità dei disegni.
Molte delle critiche sono state mosse a questo progetto per via della fama della Barbato e del fatto che per lei fosse facile attirare a se giovani volenterosi di farsi un nome o solo di farsi notare affiancando il loro nome a quello della Barbato. Altre critiche erano sulla discordanza del proclama che presentava Davvero come un progetto di fumetto realistico e innovativo, tralasciando quelle che accusavano dell'uso inappropriato del termine "shojo".
Nonostante tutto però il passaggio dal Web alla carta era, a mio avviso, prevedibile e anzi mi chiedo come mai non sia stato presentato direttamente dalla Bonelli. Anche se, a dire il vero, motivi ce ne sarebbero 100...
Davvero sarà pubblicato invece dalla Starcomics, casa editrice che prova a fare da contraltare allo strapotere in edicola della Bonelli, sfidandola con lo stesso formato e cercando di attirare a se nomi di rilievo come quello di Lucarelli o Stivaletti, vantandosi di produrre il nuovo made in italy... con risultati poco incoraggianti devo dire, anzi ... sicuramente non sarà Davvero a far cambiare i risultati.

Bisogna ammettere però che Davvero potrebbe essere visto come shojo. In un certo senso. Lasciando da parte i disegni, che di manga, a parte un episodio, hanno poco. I disegni infatti spaziano dal realismo stile bonelli a quello più disneyano tipo Witch per intenderci. Ma la storia potrebbe essere shojo. Magari non è pensata per le ragazze under16, pubblico un po ostico da coinvolgere in simili progetti e manca della componente fantastica che contraddistingue questo genere di produzioni nipponiche però ha qualche ingrediente che potrebbe dare motivo ad una simile definizione (ripeto, ritrattata) cioè amori giovani, un po irrequieti e equivoci. Sono di più, comunque, i punti che distanziano Davvero da uno Shojo o anche da qualcosa di simile, ibrido.

Il discorso Shojo è molto ampio, ben più ampio del discorso fattibile su Davvero. Alla fine risulta un esperimento riuscito anche se non gradito o acclamato all'unanimità. Certamente non è l'alba di un nuovo giorno per il fumetto italiano ma neppure il colpo di grazia. Bisogna riconoscere che Davvero ha dato la possibilità di apparire a un nugolo di aspiranti fumettisti e di confrontarsi con una produzione organizzata anche se a livello di autoproduzione, cosa da non sottovalutare. D'altra parte si è dimostrato che discorsi sul lavorare gratis o solo per progetti in cui si crede lasciano il tempo che trovano quando si ha la possibilità di partecipare ad un progetto di sicura diffusione e spinto da nomi di un certo peso nel fumetomondo. Magari questi esordienti resteranno passivi e non propositivi, operai del fumetto abituati ad essere gestiti e non a gestire e questo sarebbe brutto. Davvero!

domenica 1 luglio 2012

R2


Su R2 c'è un bar, il NEON, che non è un bel posto ma c'è la fila per entrare. Li le ragazze cercano chimiche emozioni, altre sguinzagliano i loro ferormoni potenziati. Scimmioni tengono a bada gli ormoni scatenati.
Ogni sera musica e luci, paura e desiderio aspettano l'alba per sciogliersi nell'abbraccio di un sole che ripudiano, di un giorno uguale ad ogni altro precedente, passato e futuro.
Chi ci specula, sgomita per una fetta di quel lucroso mercato di cui il Neon è la piazza principale.

Il Neon Bar è famoso anche per un'altra particolare attrazione. Non di rado, infatti, nel suo palco si esibisce P(...) una giovane, bellissima e altrettanto talentuosa cantante che viene venerata, corteggiata e viziata come una dea dai suoi ammiratori che possono essere addirittura classificati come fanatici seguaci, fedelissimi e totalmente stregati dalla sua voce e dalla sua presenza.
Praticamente il Neon è l'unico posto dove si esibisce in pubblico altrimenti i suoi ammiratori si devono accontentare di vederla sugli schermi pubblici. Qualche volta può capitare di vederla seduta in qualche privè circondata dai suoi ammiratori, i pochi a cui concede di avvicinarsi, e dalle sue amiche-ancelle, le sue vere guardie del corpo. Per molti P è solo una leggenda urbana, solo una pubblicità di un locale troppo elitario per essere accessibile a tutti.

(omissis)

Nessuno è a conoscenza della sua natura ferina che scatena al servizio di H (...) della quale è il braccio armato. La sua vita è sempre stata facile. Adorata come cantante, temuta e rispettata come guerriera, fino a quando su R2 e nella sua vita non apparve NW(nightwish). La sua misteriosa apparizione in città sconvolse le gerarchie, infiltrando panico la dove c'era sicurezza. L'ultima mossa di NW era stata quella di fornire ad una giornalista, forse l'unica che non era nel libro paga della Logia (?)


Questa specie di cosa l'ho scritta circa nel 2003, quando avevo in mente di dare concretezza alle folle che si accalcavano nella mia testa. L'intento era quello di incanalare il mezzo espressivo scrittura in qualcosa di senso compiuto. Senso che sinceramente non riesco a trovare in queste cose.

martedì 26 giugno 2012

re-start

L'idea è quella di iniziare una nuova pagina di questo mio blog dove raccogliere un po di cose che ho scritto tempo fa e che ho ritrovato e in cui mi sono ritrovato. Così da preparare il terreno alle cose nuove che sto scrivendo e ad altre amenità che mi ostino a creare.
ben..
si inizia con...

L'iniziazione


L'iniziazione



Bruciamo riviste di carta patinata (VOGUE) così bruciamo ed accettiamo la nostra vanità. Ci apriamo a nuovi orizzonti di bellezza. Effimeri come il fumo che sale dalla rivista ormai completamente annerita, incenerita.
Affrontiamo così il nostro futuro, sperando di non dover rimpiangere il presente che brucia assieme alla rivista. Non c'è tempo per piangersi addosso. Tutto è bruciato assieme al simbolo della superficialità, delle vite usa e getta, patinate come quelle pagine piene di glam-life. Bad-girl, ex-lolite e nuove icone pronte a essere immolate nel nostro altare.
Sapiamo che certe cose non si fanno e mai andrebbero fatte; ma forse è per quello che noi le facciamo.

domenica 17 giugno 2012

Serie TV: Evoluzione



Da che mi ricordo, le serie tv, erano dei tappabuchi. Cose che andavano nelle tv commerciali le mattine come a fare da contraltare alle telenovelas pomeridiane e la tv dei ragazzi. Insomma dei prodotti commerciali senza lode ne gloria. Mi ricordo A-Team, mc Gyver, Supercar le più blasonate; ma anche American Superhero, Vicky (la bambina robot), il pianeta della scimmie, le situation commedy, i polizieschi come CHIPS e altre...
In quegli anni però qualcosa stava cambiando (parlo di 20-25 anni fa) serie TV come "visitors" e "twin peaks" iniziavano ad essere trasmesse in prima serata e ad avere trame complesse  che ti facevano passare la settimana a pensare cosa sarebbe successo nel prossimo episodio.

Da li in poi è stata un escalation. Culminata in "Lost" credo.
Ora la tv vive di serie tv più o meno valide. Ci sono ad ogni ora e per tutti i gusti. Canali tematici dedicati.
A nessuno interessava se di supercar fosse la prima o seconda serie... o si preocupava di guardare le puntate in ordine cronologico. Gli episodi erano autoconclusivi e massimo si aveva qualche doppio episodio che perlopiù infastidiva perché il mattino dopo bisognava andare a scuola e non si poteva vedere come andava a finire e sapere come Mac Gyver se la sarebbe cavata. Guardare episodi singoli di serie come Lost è impensabile e non credo sia fruibile in quella maniera.

Dopo Lost le serie TV hanno fatto un ulteriore salto di qualità (ma anche di quantità) ed è un continuo susseguirsi di nuove serie, nuove stagioni e spin-off. Le serie TV sono dei format ormai collaudati che fanno gola alle emitenti tv che trovano in questi prodotti una valida alternativa ai Film, più costosi e meno durevoli.

Naturalmente il lato negativo della medaglia c'è. L'appiattimento della proposta è ormai imbarazzante. Serie che tirano a campare di rendita come CSI. Cloni di cloni di serie poliziesche con personaggi stereotipati e anche irritanti (come la maggior parte dei comprimari di serie come "Castle"...). Ci sono varie eccezioni che ogni tanto spuntano, a volte in sordina e pian piano prendono piede e acquistano seguito. Serie come DEXTER, The Shield, I soprano, The Wire sono solo degli esempi di come le serie TV abbiano saputo tirare fuori il massimo dal formato "serie TV". Poi ci sono i successi annunciati che per lo più si dimostrano dei flop colossali. Falling Skyes e Terranova ad esempio. Serie ad altissimo budget e con produttori hollywoodiani dai nomi altisonanti non riescono a farsi volere bene dallo schizofrenico pubblico televisivo.
A proposito di pubblico televisivo, bisogna dire che anche questo, nel tempo, è cambiato. Si è evoluto (o involuto a seconda dei casi) usando internet riesce ad accorciare l'attesa tra un episodio e l'altro. In una settimana si può vedere una serie intera invece di passarla ad aspettare un nuovo episodio martoriato da pubblicità e orari a volte improponibili. Può vedere le serie sottotitolate in contemporanea con la loro uscita negli states rendendole così obsolete una volta annunciate sul piccolo schermo.

mercoledì 2 maggio 2012

S.C.A.L.P.E.D.


"da qualche parte c'è una vampata di sangue e gloria che aspetta solo te " Agente Fallsdown a Dashiel Badhorse


Scalped è il fumetto che ho sempre voluto leggere anche prima di conoscerlo (e che un giorno mi piacerebbe scrivere).
Scalped è disperato e come molte storie disperate brillano di più quanto più è oscuro il contesto.
Scalped è squallido e reale tanto da sembrare un "Gomorra" all'americana dove "le vele" di Scampia cedono il posto alla bruttura della riserva indiana di Prairie Rose. Bruttura umana e sociale. Povertà, disoccupazione, alcolismo e tossicodipendenze, lotta sociale, corruzione e sciamanesimo sono gli ingredienti nel calderone di questo fumetto targatto Vertigo. Uno scenario senza speranza ne redenzione dove tutti hanno segreti da nascondere e molti sono disposti a tutto pur di tenerli sepolti.
Ho letto i primi tre volumi dell'avventura di Dashiel Badhorse e del suo ritorno a casa, la riserva indiana di Prairie Rose, feudo del boss locale, capo tribù e un'altra quantità di mansioni più o meno legali, Red Crow che si appresta ad inaugurare un casinò che dovrebbe portare dollari americani nella riserva e soprattutto nelle sue tasche. Ad opporsi allo strapotere di Red Crow è rimasta solo Gina Badhorse, madre di Dashiel e attivista per i diritti dei nativi americani, cosa che la ha portata diverse volte a scontrarsi con la legge (FBI compresa) con nefaste conseguenze. Gina non vede suo figlio Dashiel da 14 anni e ritrovarselo al servizio dell'odiato nemico (ed ex amico e compagno di lotta politica) Red Crow complica ulteriormente le cose e non aiuta il riavvicinamento tra madre e figlio.
La vita fuori della riserva non è stata certo facile per Dashiel ma non per questo è felice di tornare a casa. Il giovane Dashiel non è mai stato affascinato dai racconti, dai miti e dalle legende  che sua madre gli raccontava e quando è dovuto andar via se n'è andato senza guardarsi indietro.

Nel primo volume, Nazione Indiana, assistiamo al burrascoso ritorno del figliol prodigo che si guadagna la divisa (e un posto da soldato cane) al servizio non della comunità ma del boss Red Crow che della riserva è il padre padrone. I metodi di Bad Horse non sono certo ortodossi ed è proprio per questo che piace al suo capo che non si può certo definire un gentiluomo. Anche per lui è chiaro che Bad Horse è come suggerisce il nome, un cavallo pazzo e lo sguinzaglia a fare retate in casalinghi laboratori di metanfetamina. Il primo volume è una galoppata in sella a questo cavallo e ci sono almeno due colpi di scena magistrali che complicano ulteriormente lo scenario di guerra. Nel primo scopriamo che Dashiel è un agente del FBI infiltrato nella riserva col compito preciso e specifico di incastrare Red Crow "con le mani sporche di sangue" e se il sangue dovesse essere quello di Dashiel... tanto meglio.
Nel secondo volume "Casinò Boogie" il ritmo cambia e sembra di vedere un film come li faceva una volta Quentin Tarantino. Infatti il tempo non scorre lineare nella narrazione e lo stesso avvenimento viene narrato da più punti di vista. I disegni di R.M. Guéra contribuiscono a dare a Scalped un aura Pulp che non dispiace, non di perde nei dettagli ne in virtuosismi tecnici di foto-realismo ma è molto incisivo e volutamente sporco. Uno stile che si sposa benissimo con la narrazione di Jason Aroon rivelazione del comic-dom americano).

L'unico difetto che si può trovare  in questo fumetto è la scarsa reperibilità e il prezzo di copertina elevato a cui ci ha abituati la Planeta (senza parlare della cronica assenza di editoriali o del fatto che i volumi siano difficili da individuare in sequenza senza spulciare le note interne). Questo può forse scoraggiare il lettore meno avventuroso ma ripagherà ampiamente che cerca un fumetto alternativo, maturo, serio.

domenica 18 marzo 2012

ultimate End (?)

La seconda era dell'universo Ultimate è clamorosamente e drammaticamente giunta al suo epilogo. Ieri sera ho divorato gli ultimi numeri di Ultimate Spiderman e Ultimate Avengers (devo finire Ultimate Fallout che sarebbe il corollario e l'apertura della Nuova Era Ultimate) e la morte di Spiderman - Peter Parker è stato davvero un momento drammatico. In questo ultimo numero (il numero 13) l'artista delle origini dell'ultimate universe è tornato sulle pagine che aveva lasciato ad altri artisti (come la "nostra" Sara Pichelli che grazie al nuovo spiderman -non più Peter Parker- è balzata agli onori della cronaca... ma questa è un altra storia).  Mark Bagley stupisce con doppie splash-page di notevole impatto, che contribuiscono a dare importanza all'evento che si svolge in poche pagine. Drammatico il coraggio che Peter dimostra nel combattere, nonostante allo stremo delle forze a causa di un proiettile che si è preso al fianco al posto di Capitan America, i famigerati Sei, suoi acerrimi nemici, capitanati dal Goblin - Norman Osborn. Gli sconfigge ad uno ad uno anche aiutato da una Zia May sempre più personaggio fondamentale e a tutto tondo, che spara al petto di Elettro, e dai suoi nuovi cugini-coinquilini alias Bobby Drake-Uomo Ghiaccio e Johnny Storm dei fantastici quattro, tutti e due sotto copertura.

Il dramma si consuma veloce, Peter va via sereno (evocativa l'immagine di chiusura di Quaseda che ritrae Peter e lo zio Ben allontanarsi insieme verso La Luce) lasciando una Zia May distrutta e una città commossa a partire dal direttore del Daily Bugle, l'arcigno J. Jonah Jameson che da poco aveva scoperto l'identità segreta e aveva iniziato a rispettare Spiderman, anche perché gli ha salvato la vita... L'unico che rimane impassibile è Nick Fury che nel mentre ha riottenuto il suo posto a capo dello S.H.I.E.L.D.
E dire che la seconda stagione di Ultimate Spiderman mi aveva trovato un po scettico per via di una certa perdita di maturità a una eccessiva "addolescenzializazione" delle situazioni. Questo finale è stato grandioso, al pari, anche se con meno implicazioni, della recente morte di Capitan America dell'Universo Classico. 

Ora dobbiamo solo aspettare il debutto del nuovo arrampicamuri che già sapiamo avverrà e sapiamo chi sarà ma quel che interessa a me è il come avverrà e come la morte di Peter Parker (perché lui è morto, ma l'uomo ragno vive!) sarà metabolizzata dai comprimari della serie e dagli altri super eroi ultimate. 
l'evocativa l'immagine di chiusura di Quaseda